Recensioni
a
Edizioni
Lavoro, Roma, 2005, pp. 215, ISBN 88-7313-137-9, € 12,5
Per
informazioni rivolgersi in libreria oppure digita
http://www.edizionilavoro.it
Prefazione
di Sergio Romano
Aldo
Rizzo in La Stampa (13 settembre 2005)
Paolo Migliavacca in www.ilsole24ore.com (7 ottobre 2005)
Paolo Cacace in Il Messaggero (20 ottobre
2005)
Presentazione
del libro (Roma, 16 novembre 2005)
Antonio
Carioti in Corriere della Sera (30 dicembre 2005)
Ferruccio
de Bortoli, direttore de Il Sole-24 Ore (27 gennaio 2006)
È
in edicola
Achille Albonetti, LItalia, la politica estera e lunità
dellEuropa. Recensioni e commenti, Edizioni
Lavoro, Roma 2007, pp. 70
La
fine del XX secolo e linizio del XXI; lampliamento della Nato da
19 a 27 Stati membri; lallargamento dellUnione europea da 15 a 25
paesi; la firma del Trattato costituzionale; la divisione dellEuropa e
la conseguente impotenza e irrilevanza manifestate nella recente guerra in Iraq;
le carenze della politica europeistica del governo Berlusconi.
Questi alcuni temi, di grande attualità, trattati dallAutore, che pone
laccento sul primato della politica estera e sulle sfide che lEuropa
è chiamata ad affrontare nei prossimi decenni.
Dopo
aver esaminato la politica interna ed estera del nostro Paese, dallUnità
ai giorni nostri, ampio spazio è dato ai rapporti con gli Stati Uniti,
sia dellItalia che dellEuropa.
A
tali problematiche si accompagnano alcune considerazioni relative alla questione
energetica, strategica per il nostro futuro, e suggerimenti per evitare il pericolo
dellisolamento e declassamento dellItalia sulla scena internazionale.
Infine, vengono illustrati i motivi per un rilancio della politica estera italiana
e europea.
Prefazione
di Sergio Romano
Su
Nel cantiere dellintegrazione europea hanno lavorato, soprattutto nei
primi due decenni, alcuni artigiani. Non erano uomini politici e non ebbero
quasi mai incarichi ministeriali.
Erano
tecnocrati, grand commis, consiglieri, intellettuali. Il maggiore di
essi fu naturalmente Jean Monnet, autore di quasi tutti i progetti che furono
realizzati fra la fine degli anni Quaranta e la fine degli anni Sessanta.
Molti
crebbero accanto a lui e ne continuarono il lavoro: Robert Marjolin, Emile Noël,
Georges Berthoin, Etienne Hirsch. Altri, come Etienne Davignon, andarono alla
scuola di Paul-Henri Spaak. Altri ancora, come Roberto Ducci, Cesidio Guazzaroni
e Renato Ruggiero erano italiani. Fra di essi vi è certamente lautore
di questo libro.
Achille
Albonetti è stato Consigliere della Rappresentanza italiana allOece, membro
delle delegazioni che hanno negoziato i Trattati europei degli anni Cinquanta,
capo di Gabinetto del vice-presidente della Commissione e Governatore italiano
nellorgano direttivo dellAgenzia Internazionale per lEnergia
Atomica delle Nazioni Unite. È stato, anche, Presidente della Total italiana
e presidente dellUnione Petrolifera. Da venticinque anni dirige la rivista
trimestrale Affari Esteri.
Sa
di appartenere alla generazione che «ha fatto lEuropa», ne è legittimamente
orgoglioso e non può fare a meno di ricordare con soddisfazione quella fase
della nostra storia nazionale in cui i Governi centristi, quasi sempre guidati
da un uomo politico democristiano, fecero scelte che hanno disegnato il profilo
nazionale e internazionale del Paese: leconomia di mercato, la costruzione
dellEuropa unita, lalleanza con gli Stati Uniti.
Può
darsi che lItalia di allora sia diventata nei suoi ricordi migliore della
realtà e che il sistema politico di quegli anni gli appaia più efficace di quanto
non fosse. Ma le presenti condizioni del suo Paese e dellEuropa giustificano
un po di nostalgia e di amarezza.
Lamarezza
è probabilmente il sentimento che ha spinto Albonetti a scrivere questo libro.
Silvio
Berlusconi ha adottato nelle questioni europee una linea apparentemente ortodossa,
ma in realtà tiepida e distratta. Ha abbandonato il grande progetto comune per
la costruzione di un aereo militare da trasporto. Ha lasciato che la Lega ritardasse
per parecchio tempo lapprovazione del mandato di cattura europeo. Ha ceduto
alla tentazione di rispondere sarcasticamente, durante una memorabile seduta
del Parlamento di Strasburgo, alle provocazioni di un deputato socialista tedesco.
Ha
permesso che i suoi personali bisticci con Romano Prodi andassero in scena di
fronte allEuropa e avessero un effetto disastroso sulla presidenza italiana
dellUnione durante il secondo semestre del 2003. Ha fatto poco per contrastare
con efficacia i vari direttòri che sono spuntati come funghi nel
sottobosco europeo in questi ultimi tempi.
Negli
altri maggiori Paesi dellUnione il clima non è migliore. Gli inglesi vogliono
unEuropa che non pregiudichi i loro rapporti speciali con gli Stati Uniti. La Francia
di Chirac è afflitta da una sindrome gollista che appare, oggi più che mai,
anacronistica. La
Germania di Schröder sembra preferire il proprio prestigio a quello dellEuropa. La Spagna
di Zapatero è più europea di quella di Aznar, ma sempre pronta a saltare sul
primo direttorio che le passa accanto.
Lallargamento
rischia di rendere lEuropa ingovernabile.
La
Costituzione è un passo avanti, ma conferma che gli Stati non intendono rinunciare
a quel tanto di sovranità che ancora rimane nelle loro mani dopo i progressi
unitari degli anni Novanta. Parliamo
molto di unilateralismo americano. Ma dimentichiamo di osservare che
larroganza degli Stati Uniti è soltanto il recto di una medaglia
che reca sul verso limmagine di unEuropa imbelle e impotente.
La
chiave di volta delle riflessioni dellautore è una tesi che sembra aver
perduto in Europa, negli ultimi cinquantanni, una parte del suo originale
prestigio. Albonetti crede nel primato della politica estera ed è convinto che
il ruolo internazionale di uno Stato o di una federazione fra Stati sia il fattore
che maggiormente contribuisce a definire la sua identità e la sua autorità.
Ma
la politica estera è per lappunto ciò che maggiormente manca allUnione
Europea. Abbiamo
una politica agricola comune, un bilancio comunitario, un mercato unico, una
moneta unica, una frontiera unica, una politica commerciale comune e un Parlamento
che è andato progressivamente aumentando le sue competenze. Ma non abbiamo una
politica estera europea. Questa contraddizione appare ad Albonetti pericolosa.
Credo
che abbia ragione. La politica estera non è un sovrappiù che corona e decora
il castello delle competenze statali. È un luogo in cui confluiscono tutti i
poteri dello Stato. È il nodo che stringe insieme tutte le sue politiche. È
un test di credibilità e coerenza.
Supporre
che ogni Paese possa voltare le spalle al mondo, delegare ad altri la difesa
dei propri interessi nella comunità internazionale e praticare al tempo stesso
politiche nazionali conformi alle proprie esigenze, è assurdo. Senza
la sintesi di una politica estera i singoli attributi della sovranità statale
sono ombre, fantasmi, flatus vocis.
Se
questo fu vero, in passato, per i singoli Stati europei, è ancora più vero per
lUnione: un mostro istituzionale assai più avanzato, in molti campi,
di alcuni Stati federali allinizio della loro storia, ma monco e incompiuto.
In
queste condizioni le politiche nazionali dei singoli membri dellUnione
non potranno che disfare continuamente la trama tessuta dalla Commissione di
Bruxelles. Ce ne accorgiamo nel rapporto con gli Stati Uniti, dove la pluralità
delle posizioni condanna lEuropa allimpotenza e offre a Washington
gli strumenti per «dividere e imperare».
Troppo
appassionato per limitarsi alle analisi e alle constatazioni, Albonetti conclude
il suo libro con una proposta. Occorre che lItalia promuova con i maggiori
Paesi dellUnione uniniziativa per la politica estera comune e soprattutto
per la creazione di uno strumento militare che dia credibilità alla sua diplomazia.
Ritorna
in queste ultime pagine un tema, quello della politica nucleare europea, a cui
lautore ha dedicato in passato molta attenzione. E se non tutti saranno
daccordo, pazienza: i Paesi fondatori hanno il diritto e il dovere di
aprire la strada. Perché lEuropa, fino a quando non avrà un deterrente
comune e, incidentalmente, un seggio al Consiglio di sicurezza delle Nazioni
Unite, sarà soltanto, nella migliore delle ipotesi, un club economico-monetario.
Albonetti
sa quali e quanti ostacoli le sue proposte troveranno sulla loro strada. Ma
ha il merito di preferire la franchezza alla retorica e di affrontare un tema
che molti preferiscono eludere. È questo il merito maggiore del suo libro.
Sergio Romano
Su
Sommario
de LItalia, la politica estera e lunità dellEuropa
di Achille Albonetti
Su
Introduzione
Capitolo
primo
LItalia e il primato della politica estera
La
giustizia Una tesi disperala, ma discutibile Le basi dello sviluppo:
la democrazia e leconomia di mercato I tre periodi
della nostra storia nazionale e il primato della politica estera La politica
estera dellItalia nel periodo 1870-1922 La politica interna nel
periodo 1870-1922 La politica economica nel periodo 1870-1922
La politica estera nel periodo fascista (1922-1945) La politica interna
nel periodo fascista (1922-1945) La politica economica nel periodo fascista
(1922-1945) La politica estera, interna ed economica della Repubblica
(1946-2004) La politica estera della Repubblica ( 1946-2004) La
politica interna della Repubblica (1946-2004) La politica economica della
Repubblica (1946-2004) Lo sviluppo dellItalia e gli altri Paesi
Il declino dellEuropa e dellltalia II progresso non
è soltanto economico I problemi da risolvere per la crescita dellordinamento
democratico La politica estera La politica interna Il finanziamento
illecito della politica La necessità di un programma Il finanziamento
illecito della politica allestero Lo sviluppo della democrazia
Alcune considerazioni conclusive
Capitolo
secondo
LItalia, lEuropa e gli Stati Uniti
Prima
premessa. I due nuovi valori condivisi dallEuropa e dagli Stati Uniti
Seconda premessa. Gli Stati Uniti esistono. LEuropa no
Terza premessa. LEuropa, centro del mondo nel XIX secolo
Quarta premessa. Gli Stati Uniti salvano lEuropa nel XX secolo
Quinta premessa. Il declino dellEuropa continuerà, se non
ci uniremo politicamente Sesta premessa. Lunità economica
dellEuropa non è sufficiente Settima premessa. La necessità
di ulteriori progressi per lunità politica dellEuropa Le
due sfide epocali e i due obiettivi prioritari Il primo obiettivo:
la tutela e la crescita dei due nuovi valori liberali, la democrazia
e il mercato Le iniziative per tutelare la competizione economica
Linerzia per tutelare la democrazia La democrazia, la competizione
politica e i partiti Una situazione pre-giuridica Democrazia o
plutocrazia? Gli scandali in Europa e la ragion di Stato Il
secondo obiettivo: lunità politica e di difesa dellEuropa
Lintegrazione europea nel settore nucleare e convenzionale Gli
strumenti per lunità politica e di difesa dellEuropa Conclusione
Le altre importanti sfide
Capitolo
terzo
Lenergia nucleare e la politica estera europea allinizio
del Terzo millennio
Lenergia,
un settore strategico Levoluzione delle fonti e dei consumi di
energia Lenergia strumento di progresso ed anche di offesa e di
difesa Le nuove energie: il carbone, il petrolio e lenergia nucleare
La ricerca nucleare e la collaborazione internazionale Latomica
dellIndia e del Pakistan. Un nuovo mondo? La questione nucleare
nel dopoguerra LItalia e la questione nucleare LItalia
e la clausola europea del TNP Lopzione nucleare zero della Gran
Bretagna e del Giappone La situazione dellItalia LItalia,
la Francia, la Germania e la politica di unità europea LUnione
Europea e la politica estera e di sicurezza comune La necessità di una
nuova iniziativa Unarma di dissuasione al servizio dellEuropa
Un deterrente europeo. La posizione di Francia, Gran Bretagna,
Germania e Italia La difficoltà di eliminare le armi nucleari e lItalia
La politica estera nel mondo nucleare Le sfide del XXI secolo
La Cina, un gigante dai piedi di argilla I pessimisti, i catastrofisti
e gli ottimisti Alcune conclusioni. Gli enormi problemi da risolvere
Capitolo
quarto
Un direttorio tra la Francia, la Germania e il Regno Unito?
Un
mutamento della politica estera degli Stati Uniti e del Regno Unito verso lEuropa?
I motivi dellintesa a tre I precedenti del Direttorio
La nascita del Direttorio tra Francia Germania e Regno Unito Gli
stati Uniti e il Direttorio LItalia, le grandi potenze europee
e lunità dellEuropa LItalia, i paesi fondatori
e il Regno Unito Lassenza al Vertice del 29 aprile 2oo3
Cosa fare di fronte al Direttorio?
Capitolo
quinto
LItalia e uniniziativa dei Fondatori per lEuropa
politica
La
supremazia degli Stati Uniti Il declino dellEuropa Linterdipendenza
tra gli Stati Uniti e lEuropa La mancanza di unidentità
politica europea, cioè di una politica estera e di difesa comune
Cosa fare per progredire verso lEuropa politica I tentativi per
raggiungere lunità politica e di difesa dellEuropa
La strategia di Lisbona Ladesione della Turchia allUnione
Europea I pericoli dellinerzia Alcuni importanti sviluppi
La necessità di una nuova iniziativa dei sei Stati fondatori Un
nuovo dialogo con la Francia e la Germania Il cruciale problema dellIran
nucleare. Un Direttorio europeo senza lItalia? LUe 3 o EU
3 Le solidarietà di fatto nel settore della difesa Arrestare
il declino dellEuropa e il declassamento dellItalia
Bibliografia sommaria Repertorio delle sigle La politica estera italiana (1870-2004). I principali avvenimenti di interesse italiano Indice dei nomi Tavole Su
La
Stampa (Torino)
13 settembre 2005
La Lettura
POLITICA EUROPEA LILLUSTRE SCONOSCIUTA
di Aldo Rizzo
LItalia
vive una confusa stagione pre-elettorale, nella quale tutto è in discussione,
almeno in apparenza, compresa la natura stessa del nostro sistema politico (ancora
bipolare?). E naturalmente i casi delleconomia, della giustizia, della sicurezza,
ecc. Manca, quasi completamente, la politica estera, almeno nellaccezione più
prossima a noi, la politica europea. Eppure lUe, di cui lItalia è fra
i membri più importanti, se non altro sotto il profilo storico, attraverso
uno dei momenti più grigi, o addirittura inquietanti, per i contrasti
tra i governi nazionali e laffievolimento della spinta comune verso lintegrazione.
Ma i programmi dei partiti e delle coalizioni (se ancora esistono) non ne fanno
gran conto. Certo, quale più e quale meno. Nellarea dellattuale maggioranza,
sicuramente meno.
Questa è
una premessa per dire quanto sia utile, a mio giudizio, il libro di sintesi
e di proposta, sullItalia e lEuropa, di Achille Albonetti, un libro che i
nostri politici dovrebbero leggere, per uscire dal cortocircuito delle questioni
e delle rivalità interne. Che ovviamente hanno anchesse un loro legittimo
peso, ma non fino al punto di dimenticare o trascurare il quadro esterno, che
è insieme il nostro limite e la nostra grande, non esaurita, opportunità.
Achille
Albonetti, come ricorda Sergio Romano nella prefazione, è uno dei «grand
commis» dellEuropa comunitaria, nella quale ha svolto funzioni importanti
(a partire dalla partecipazione giovanile alla redazione dei Trattati di Roma.
Da più di ventanni dirige la rivista Affari Esteri. Il libro,
dicevo, è sintesi e proposta. Sintesi (con qualche comprensibile nostalgia,
nota ancora Romano) dei governi della Prima Repubblica, discussi per altre ragioni,
ma coerentemente e tenecemente europeisti, pur restando atlantici. Ma anche
proposta, nel senso della necessità e della possibilità di superare
il momento grigio dellUe e lopacità della politica europea dellItalia
degli ultimi anni. Albonetti vede connessi tra loro il declino dellEuropa e
il «declassamento» dellItalia. Se il prossimo governo di Roma,
quale che sia, avrà la volontà e la forza di recuperare lantico
spirito diniziativa, chiamando a raccolta i vecchi fondatori e altri soci disponibili,
per un disegno strategico comune, lUnione europea se ne avvanteggerà,
e più ancora lItalia.
Su
www.ilsole24ore.com
(Milano)
7 ottobre 2005
Tempo libero e cultura - Libri
ALBONETTI: LITALIA E LA SUA VOCAZIONE EUROPEISTA
di Paolo Migliavacca
La politica estera
e di sicurezza è il pilastro che sostiene l’attività statuale dell’Italia, nella
sua non lunga storia unitaria, ma, soprattutto, in questo dopoguerra, grazie
a tre fattori decisivi: i rapporti con gli Stati Uniti e la Nato, l’unità europea
e la scelta del libero mercato.
Ed è anche
il perno intorno al quale ruota e si decide il futuro dell’Europa: senza di
essa, l’allargamento indebolisce le prospettive dell’Unione e si ritorna alla
«nefasta politica di equilibrio e di potenza». Da cui tutti uscirebbero perdenti.
Achille
Albonetti, oggi condirettore di Affari esteri ma con un passato
di prestigioso grand commis (Consigliere della rappresentanza italiana all’Oece,
membro di molte delegazioni che hanno negoziato i Trattati europei degli anni
50, capo di Gabinetto del vice-presidente della Commissione europea, Governatore
italiano nella direzione dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica e
poi presidente dell’Unione petrolifera italiana), è autore di numerosi libri,
tra cui alcuni fondamentali sulla politica nucleare del nostro Paese, di cui
è uno dei maggiori esperti. Ora ha dato alle stampe questo agile testo perchè,
come afferma nella sua prefazione Sergio Romano, deluso dall’attuale situazione
in cui versano la politica estera italiana ed europea, intende denunciare lo
«stato di declino dell’Europa e il declassamento dell’Italia» come il pericolo
supremo che corrono entrambe.
Dopo aver
conosciuto i benefici di mezzo secolo di straordinario sviluppo economico, l’Italia
si è concentrata, con il secondo governo Berlusconi, su una politica di stretta
collaborazione con gli Usa, trascurando però la sua tradizionale vocazione europeista,
proprio mentre l’Europa evidenziava la contraddizione di un’unione economica
che non sa diventare anche politica. Come provano crudamente alcuni recenti
rifiuti di ratifica del Trattato costituzionale, anche e soprattutto perché
non c’è accordo sulla realizzazione di una politica estera e di difesa comune,
mentre l’attuale amministrazione statunitense ne sottolinea con spietatezza
i limiti con il suo unilateralismo.
La palese
delusione si fa appassionata e puntuale denuncia dei pericoli che corriamo tutti
a causa di quella sorta di mostro istituzionale che regge il continente,
«assai più avanzato, in molti campi, di alcuni Stati federali allinizio
della loro storia, ma monco e incompiuto» nella sua proiezione esterna. Da qui
tutta la serie di furbizie diplomatiche e miopi sgambetti (che Albonetti
ricostruisce con puntigliosa precisione) che i maggiori protagonisti della scena
europea - stati e statisti - si giocano lun laltro per riaffermare
il loro anacronistico ruolo e prestigio. Senz’accorgersi che il vascello comune
finora costruito, grandioso e possente in campo economico, fa acqua da ogni
parte sul piano esterno perché nessuno vuole realmente dotarlo degli strumenti
per navigare in piena sicurezza e rischia, quindi, di affondare ancor prima
di aver preso il largo nei mari tempestosi dei nuovi equilibri internazionali
che si vanno delineando. Occorre, sostiene l’Autore, che l’Europa si dia i necessari
strumenti militari (primo tra tutti un moderno e comune deterrente atomico,
ma anche una voce e un seggio solo all’Onu) per tutelare i propri interessi
nel mondo, al fianco degli Usa ma in posizione di partner paritario, non subalterno.
Chi tra i 25 Paesi è più conscio di questi pericoli, deve farsi carico della
situazione, specie il nucleo duro dei sei Paesi fondatori. E chi
non ci sta, sia lasciato indietro: l’Europa, dichiara con brutale franchezza
Albonetti, non può più aspettare chi tentenna o è incerto. Pena veder naufragare
quella speranza di unione anche politica che ha animato i Padri fondatori. Tra
cui anche lui merita un posto. E non in ultima fila.
Su
Il
Messaggero (Roma)
20 ottobre 2005
Saggi
NOI E LEUROPA: QUEI TRE PERIODI DI UNA POLITICA
di Paolo Cacace
Diverse sono le
ragioni per cui la politica estera italiana da qualche anno è ondivaga,
senza bussola. Tra le più importanti cè la carenza del contributo
di esperti autorevoli, di grand commis dello Stato, in grado di
orientare le scelte politiche e diplomatiche. Achille Albonetti è uno
di loro, è uno dei più profondi conoscitori delle dinamiche della
politica estera. Lo conferma ampiamente con il suo volume L’Italia, la politica
estera e l’unità dell’Europa (con prefazione di Sergio Romano) in cui esamina
sinteticamente, sotto vari aspetti, i tre periodi-chiave della nostra storia
nazionale (post-risorgimentale, fascista e repubblicano) con una tesi ben precisa:
il primato della politica estera o, meglio, la necessità di ripristinare
questo primato per evitare che lItalia e quindi lEuropa
sia vittima di un progressivo declassamento. Beninteso: quello di
Albonetti non è latto di fede di un addetto ai lavori, è
una riflessione documentata, stringente, spesso inoppugnabile, su come
oggi più che mai la politica estera riassuma in sé tutte
le attività dello Stato. Naturalmente questa convinzione non è
priva di effetti, di conseguenze logiche. Pragmatico comè sempre
stato nella sua lunga e operosa attività, Albonetti avanza alcune proposte
concrete per arrestare il declino italiano ed europeo. Soprattutto al nostro
governo egli chiede uniniziativa rapida di concerto con gli altri
Paesi fondatori della Ue per superare la crisi costutuzionale e scongiurare
il rischio di quei direttorii che minano alle fondamenta la costruzione europea.
Ma ci saranno orecchi disposti ad ascoltare?
Su
Corriere
della Sera (Milano)
3o dicembre 2005
Per Achille Albonetti una risoluta iniziativa dintegrazione
è lunica ricetta valida per le sfide del terzo millennio
LINERZIA UCCIDE LEUROPA, MA LA DIFESA NUCLEARE PUÒ RILANCIARLA
di Antonio Carioti
Basta
con il pessimismo e la rassegnazione. Achille Albonetti, dallalto della
sua lunga esperienza nelle istituzioni europee e internazionali esorta lItalia
a scuotersi e a riacquistare fiducia nei suoi mezzi. In fondo, ricorda, negli
ultimi sessantanni abbiamo compiuto enormi progressi, malgrado i tanti
ostacoli che avevamo di fronte.
I.o stesso vale per lEuropa. Albonetti è convinto che una politica estera
e difensiva comune, con tanto di deterrente nucleare gestito dallUnione,
sia un obiettivo lontano, ma raggiungibile purché non si ceda alla spirale
dellinerzia, che può compromettere anche il «processo dintegrazione
economica e finanziaria già raggiunto».
Dal suo libro esce dunque limmagine di unItalia e di unEuropa
al bivio: afflitte da pesanti problemi, ma al tempo stesso dotate di grandi
potenzialità. Il bilancio dellattuale governo di Roma, secondo
Albonetti, è carente: una parte ha varato riforme improvvide, tali da
prefigurare «una svolta cesaristica»; dallaltra ha trascurato
le politiche europee, esponendosi al rischio del declassamento rispetto al direttorio
tra Francia, Germania e Gran Bretagna che si è andato man mano delineando.
Per invertire la tendenza bisogna promuovere una forte iniziativa degli Stati
fondatori della Comunità verso unintegrazione più stretta,
senza farsi condizionare dalla renitenza dei britannici: «Se sei Paesi
fondatori si uniranno politicamente, Londra seguirà».
Albonetti, come si vede, è un europeista fervente, tanto da non sottovalutare
le conseguenze dei no referendari, in Francia e Olanda, al Trattato costituzionale
dellUe. Ma non cede mai a suggestioni antiamericane. Anzi definisce «infelice
e pericoloso» latteggiamento assunto da Parigi e Berlino contro
lintervento militare in Iraq. E si sofferma a lungo sul pericolo costituito
dalle ambizioni nucleari dellIran. Il suo sogno non è unEuropa
che controbilanci gli Usa, ma che collabori attivamente con Washington alla
costruzione di un ordine internazionale più stabile.
Su
Ferruccio
de Bortoli, Direttore de Il Sole 24 Ore
(Milano)
27 gennaio 2006
Aggiornamento più recente: 11 febbraio 2006
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